È un altro modo di fare poesia, con le venature del legno, invece delle parole.

Il legno parla
Basta osservare un ramo, un ritaglio di lavorazione, una scorza sotto corteccia, la venatura di una tavola, per scorgervi qualcosa in movimento, una figura emergente, un’immagine. Amo il legno, la sua materia calda e tattile. Amo il profumo che emana, diverso per ogni essenza, quando un tronco viene segato in tavole, mentre viene aperto. Mi piace toccarlo, seguire le venature, sentire la porosità della superficie.

L’amore per il legno cominciò per caso: a metà degli anni Sessanta un fulmine abbatté un albero di noce in una proprietà dei miei genitori in Calabria. Mia madre pensava di farne legna da ardere. Mio cugino Antonio Corbo, architetto, mi suggerì di utilizzare l’essenza pregiata per una libreria. Nel 1967, a ventuno anni, pensai una forma agile, componibile e divisibile in modo da poter utilizzare al meglio le tavole che erano state segate corte e poco spesse per stagionarle in breve.  È una costruzione di scatole di diverso formato, montate a pieno e vuoto senza congiunzioni. L’equilibrio statico è dato dal peso dei libri.

Un vecchio artigiano lavorò a mano le scatole con incastri a coda di rondine, un’esecuzione oggi difficilmente praticabile. La libreria, dal nome Coda di Rondine (1968) è risultata stabile, nonostante le perplessità della mia famiglia sull’assenza di connessioni e di agganci alla parete.  Ci fu poi una sorpresa: la pianta era caduta in primavera, già in vegetazione e in lunazione. Il legno, di conseguenza, si tarlò con il capricorno, un verme grosso quanto una falangetta. Imparai a eliminare l’infestazione con un lungo e paziente procedimento di restauro.

 

Mi entusiasmai a questo lavoro insieme a mio padre che fece tagliare altri alberi e li mise a stagionare. Cominciò l’avventura del mobile come scultura. Studiai la meravigliosa stagione del liberty e i maestri del mobile del Novecento, da Rietveld a Mies Van Der Rohe, a Gaudì a Le Corbusier.

I mobili come sculture

Nel ’78 la seconda libreria, poi nel 1983 un grande tavolo con lo scultore Toni Benetton che scolpì in ferro la base del piano in noce come rami d’ulivo intrecciati, un’opera d’arte. Seguirono un armadio in quattordici elementi, un mobile scala e poi centinaia di pezzi componibili. 

La produzione si è sviluppata da quando ho iniziato a collaborare con il maestro ebanista Leonardo Ciccarelli nel suo laboratorio di Monsoreto di Dinami in Calabria. Era il 1997 e Ciccarelli non aveva ancora trent’anni.  Da allora porto nella sua falegnameria i progetti e i legni scelti, dal taglio fino alla stagionatura, seguo e dirigo tutte le lavorazioni eseguite da Leonardo.

Amo lavorare noce, ulivo, olmo, ciliegio. Sono essenze dure che richiedono esperienza e attrezzature professionali. Nei progetti ripenso la visione tradizionale del mobile che deve essere morbido, caldo, accogliente, adattabile. L’opera si sviluppa dalla bellezza intrinseca della materia; le forme devono rispettare venature e colori, con linee moderne e radicate nel Novecento. La composizione è in asimmetrie modulari, senza tradire l’uso e la fruibilità dell’oggetto che deve essere adattabile alla variabilità degli spazi e delle necessità. I profili sono tracciati a mano; ogni pezzo presenta una diversità. Le giunture sono a incastro, prevalentemente senza colla. La lucidatura trasparente ad acqua mantiene il colore naturale dell’essenza.

Nelle lavorazioni del legno massello lo sfrido è notevole; si perde dal 50 al 70% del volume ligneo. Cerco di recuperare e riutilizzare gli scarti e gli avanzi inventando nuovi oggetti. Ho fatto librerie, tavoli, armadi, scale-armadio, letti, una cucina, pannelli decorativi, specchi. Non solo mobili: ho tracciato anche figure lignee: I Serpesci, Donne in Burka, DistanzaUnità, Donne in Controluce, Cerberi, Annunciazione.

Il legno va rispettato; bisogna osservare le sue caratteristiche che variano da essenza ad essenza: durezza, compattezza, flessibilità, durata, resilienza. Il noce e l’olmo si prestano a quasi tutte le lavorazioni mentre l’ulivo e il ciliegio ne rifiutano alcune. Il noce e il ciliegio sono soggetti ai tarli, l’olmo e l’ulivo molto meno e così via le differenze. Il noce è più costoso e raro. Una malattia ha sterminato nei Novanta tutti gli olmi della Calabria; l’ulivo fornisce poco legname utile alla lavorazione perché i fusti sono contorti e le piante oltre i cinquant’anni si corrodono nelle fibre interne e si svuotano, anche se la sua vita può essere millenaria.

Il lusso del massello

Oggi sono rari gli ebanisti con esperienza del massello; gran parte dei falegnami lavorano pannelli industriali. I mobili in commercio, luccicanti in foto, hanno scarsa resistenza e vita breve, ma prezzi accessibili. I lavori di ebanisteria sono costosi.  Chi è disposto a spendere per qualcosa che durerà diverse generazioni? Bisogna guardare da vicino un mobile in massello, toccarlo, conviverci per apprezzarne appieno la bellezza e la funzionalità. È un lusso, ma un lusso che ripaga. Per questo ho dedicato anni, applicazione, energie e risparmi a realizzare mobili sculture in essenze pregiate. Le mie poesie di legno.

Poesie di legno è anche il titolo di un elegante quaderno che l’artista e grafico Marco Affaitati ha realizzato nel 2010 sui miei lavori. apri Poesie di legno

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