franco matteucci: tv e gialli, un unico racconto
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franco matteucci fa parte della generazione che ha costruito l’ossatura delle reti televisive rai.
cominciò nel 1970 come collaboratore esterno di “a come agricoltura”, settimanale diretto da roberto bencivenga e dal regista giampaolo taddeini, il suo primo maestro in rai. la gavetta fu lunga, realizzando servizi brevi, documentari, testi redazionali. la sua passione segreta era raccontare con la macchina da presa. a diciotto anni il suo primo corto, girato (montaggio in macchina) con una paiard 8mm regalatagli da sua madre; era la storia di un adolescente nella sua stanza. aveva fatto suo l’insegnamento di zavattini (lo leggeva a 16 anni) che invitava tutti a servirsi della cinepresa come di una penna o di un nuovo occhio per riprendere la vita normale. una predizione del cellulare. fece vedere il corto a franco indovina e a tonino guerra che poi lo invitò nel 1969 a collaborare alla sceneggiatura di amarcord per la sequenza sulla scuola.
“da ragazzo fino al pensionamento, la cosa che ho gustato di più è stata sperimentare le nuove tecnologie. ho amato la pellicola (che emozione aspettare a via teulada, talvolta in fila con grandi registi, che uscisse la stampa del girato!) poi mi sono appassionato a tutti i diversi nastri magnetici fino al digitale. alla fine della carriera, come direttore dell’innovazione prodotto, lavorai molto con il multischermo. la rai si è sempre stata lenta e in ritardo ad adeguarsi ai cambiamenti tecnologici. non mi sono mai attaccato a una tecnologia. mi piaceva sempre sperimentare le nuove, ma le sentivo come strumenti di espressione, non pensavo che le nuove caratteristiche contenessero espressione in se stesse. altro insegnamento di zavattini: non è il cavo che fa il film, ma è il cervello! avevo sempre voglia di imparare. arbore, nella redazione di “l’altra domenica”, mi insegnò a staccare la telecamera dal cavalletto, a togliere la staticità, a far diventare televisione il movimento vero, a trasformare le banalità in profonda autoironia.”
assunto nel 1977, assieme a tutti i programmisti che di fatto realizzavano la produzione, approdò alla fine degli 80 nel dse (dipartimento scuola educazione) dove fu nominato dirigente coordinatore nel 1993. i dieci anni dei programmi cosiddetti educativi costituirono il periodo della massima libertà di invenzione. in “caramelle” i bambini si comportavano come adulti e gli adulti tornavano bambini. con la direzione di antonio spinosa (videosapere) si raggiunse un equilibrio tra intrattenimento e approfondimento per ragazzi.
consolidata la professione televisiva, matteucci ha rivelato la sua seconda anima, quella di scrittore. nel 2001 pubblica il primo dei suoi undici (finora) romanzi: “la neve rossa”, a cui seguirono “il visionario” e “festa al blu di prussia”. l’ambientazione prevalente nei racconti è quella della produzione di cinema e tv, che matteucci ha conosciuto profondamente e su cui indaga con ironia, creando personaggi e vicende surreali. il paradosso nasce sempre dal vero e spesso con esso combacia. le narrazioni di matteucci toccano molto le corde di chi ha lavorato in televisione, ma non sono riservate agli specialisti, perché fanno capire, anche al grande pubblico, alcuni meccanismi di questo mondo. letture divertenti che fanno riflettere sull’influenza dei media nella nostra vita e su alcuni dei loro aspetti di falsità.
nel 2007 la svolta come scrittore. l’editore raffaello avanzini di newton compton gli propone di passare al giallo. franco crea un suo personaggio, l’ispettore marzio santoni, e sposta anche le ambientazioni: dal mondo urbano dei media alla montagna, suo luogo d’infanzia. il surreale e fantasiosi marchingegni televisivi continuano a spuntare nei racconti.
lo scrittore è nato a buggiano nel 1948 e cresciuto all’abetone, dove suo padre era medico condotto. il suo cuore è rimasto lì tra nevi, boschi e panorami di altura, nell’ambiente ristretto, rude e famigliare dei piccoli paesi. perché questo rifugiarsi dalla città ai paesi montani?
“lo scenario è inventato, è un misto di alpi e appennino. valdiluce è un luogo esistente vicino all’abetone. fino a qualche anno fa era una valle misteriosa, dove troneggiavano grandi alberghi mai finiti, costruiti durante il fascismo, figure spettrali che ancor oggi si possono ammirare. ho scelto valdiluce per il nome anche perché, quando accade qualche delitto, diventa valbuia.
per chi vive nel vento, come il mio ispettore marzio santoni detto lupo bianco, diventa difficile vivere in un panorama raccolto in una finestra, dove vedi solo palazzi. lupo, senza l’orizzonte aperto, si smarrirebbe perché regola la sua vita come un animale e deve essere sempre in sincrono con la natura. è in queste condizioni che dà il meglio di sé, soprattutto durante le indagini.”
matteucci ricorda con emozione i quarantatré anni vissuti in rai. capo struttura spettacoli a raitre (con minoli) e a raidue (con freccero e guardì), vicedirettore di raiuno per la fascia giornaliera (con del noce), poi direttore di innovazione e prodotto e di rai futura, infine direttore del marketing. ha insegnato produzione televisiva al suor orsola di napoli. gli piace dormire davanti a sorella tv. è felice anche nella vita privata, sposato da cinquant’anni con muriel oasi, fotografa e antiquaria. “sono fiero anche di essere calvo. se fossi stato dotato di una capigliatura, forse avrei fatto un trapianto di calvizie”.