martedì 24 ottobre ore 19 libri e scrittori
galleria di foto in basso e a sx
alfredo meocci, giornalista, conduce: facciamo parlare chi scrive e chi pubblica
roma, il ritorno al mito. secondo roberto calasso nel suo saggio `l`innominabile attuale`: questo è un mondo sfuggente come mai prima, che sembra ignorare il suo passato. ciò` che prevale è l` inconsistenza, un’inconsistenza assassina. è l`età dell`inconsistenza . e allora? allora il mio pensiero è sul passato di roma: la capitale del mondo. immaginate questa magica città ai tempi dell`impero, costruita con marmo bianco e oro. il centro di tutto: dalla cultura al potere religioso e politico. roma deve tornare a essere un mito, questo è il sogno ma il mito è una parola scelta dalla storia , per questo non so se ce la faremo .
silvia siravo- attrice- interpreta destini della biblioteca, colossea, sampietrini – poesie di antonio bruni
maria rita pocino–editrice edilazio- libri liberi nelle piazze
le piazze di roma contemporanea dovrebbero essere non soltanto luoghi di passaggio, di transito veloce ma, dove possibile, luoghi di aggregazione culturale attraverso, per esempio, l’installazione di strutture leggere tipo librerie/espositori con scaffalature piene di libri in una sezione di argomento romano – anche in particolare con libri di storie, racconti, descrizioni architettoniche, urbanistiche del quartiere dove si trovano le piazze coinvolte nel progetto – e in una sezione libri personali di vario genere portati dagli abitanti della zona per attivare un sistema di circolazione di libri tipo scambio, permute e/o donazioni con la finalità di far vivere le piazze con la possibilità di creare singole postazioni per la lettura e angoli attrezzati per presentazioni di libri, incontri con l’autore, letture, performance culturali.
franco matteucci–scrittore- libri elettronici su strisce pedonali
mi piacerebbe che invece del poliziotto ci fosse lo spazzino di quartiere. una città pulita dà lindore alla mente e tutti saremmo più creativi. e che all`ingresso di ogni stazione metropolitana ci fosse un distributore di file di ebook. alcuni gratis e altri a pagamento. e che le strisce pedonali ormai resti archeologici venissero inserite tra i monumenti romani.tratto da la mossa del cartomante ed newtoncompton: l`ispettore santoni si affacciò alla finestra. scrutò il traffico, pochi alberi, una panchina. lo smog bruciava i polmoni. come potevano le piante sopravvivere in quelle condizioni? germogliare in primavera? le foglioline sarebbero state spompate, pallide e della clorofilla avrebbero avuto solo l’illusione. nella strada due ragazzini si stavano abbracciando appassionati, una coppia come tante, ma si stringevano a metà, con una mano sola, l`altra era occupata dal telefonino. alternavano baci a un`occhiata sul display. la ragazza con i capelli rossi, una minigonna cortissima, senza staccare le labbra, ma guardando di lato, rispondeva ai messaggini. quel mondo confermava la sua rivolta, lupo bianco aveva fatto bene a fuggire dalla città, lì sarebbe diventato matto.
carla guidi–scrittrice e giornalista- microcittà dipinte.
roma è sempre stata un centro accogliente dal punto di vista sociale. qui, in pochi giorni, tutti si sono sentiti subito romani e dentro una delle sue 198 microcittà. “ognuna di queste microcittà è dotata di un proprio senso, almeno per chi ci abita. fuori da quelle microcittà, nel generico spazio metropolitano, gli abitanti sono come spaesati, privi di qualsiasi riferimento comune a tutti, privi insomma di identità cittadina.” (da capitolivm, la rivista del comune di roma, da un`indagine condotta dal cresme). per questo è importante che ogni microcittà debba essere coinvolta nella progettazione e mantenimento delle sue piazze. e’ forte la richiesta di street art condivisa e di spazi verdi con panchine. da estetica anestetica robin edizioni 2018: questa era roma nel 1971, sottoposta a ferite mai portate a guarigione. giulio carlo argan l’avrebbe definita – più che una città, roma è una polenta molle scodellata – ciò prima che fosse condannata ad espandersi ancora di più, come un’ameba, in un territorio corrotto dalla “fame della speculazione edilizia”. la disinvolta antropizzazione sfrattò le divinità pagane e il prezioso ponentino, lo storico zefiro, profumato di mare, bloccato da alti, compatti edifici, nella endemica carenza di un piano urbanistico, nonostante l’anatema di italo insolera. nel flusso dell’accaparramento solo i torsoli rosicchiati delle archeologie, in panorami metafisici, senza più contesto, “ambivalenti”, come le immagini dei sogni.
claudio giovanardi–italianista e scrittore l’ossimoro, il progresso è nel passato.
tante linee di tram che s’incrociano per le strade. il parco del colle oppio con le panchine di legno verde, i vialetti di ghiaia, i prati pieni di fiori e di farfalle, lo spiazzo di terra per la partitella a pallone, la fontanella che butta acqua freschissima, il vigile che passa in bicicletta e minaccia di sequestrare il pallone che non sequestra mai. i tempi morti, le domeniche a piedi, il centro festosamente invaso sotto natale. la bonarietà, la simpatia, allo stadio mischiati tra laziali e romanisti pure il giorno del derby. la generosità, la carezza allo sconosciuto, la mano tesa a chi ha bisogno. mi dispiace, ma il mio pensiero bello per roma deve rovistare nella memoria. roma concilia gli opposti, è un gigantesco ossimoro: il suo progresso è nel passato.
da mamma ricordi, manni, 2013. guardavamo tramonti spioventi su santa francesca romana mamma ricordi. tramonti rubizzi d’inverno, l’inverno che spacca i polmoni e srotola stille di forza nei giovani cuori affannati. che rosso in quel cielo e che brivido freddo all’aprire la lunga finestra, ma avevi ragione tu mamma nemmeno la lastra di vetro doveva frapporsi tra l’occhio e la striscia di fuoco. alberi bruni segnavano silenti sentinelle il contorno e la scena. la chiesa stagliava sinistra la sagoma accesa. persino dagli archi del mite colosseo sfilavano lingue intrise di sangue nerastro. il sole s’andava a cuccà come un vecchio signore assiso su un cocchio tirato da rossi cavalli alla briglia. “che bello” dicevi tu mamma “che incanto”. sentivo il silenzio del mondo in quei passi di tempo.
massimo chieli–dirigente e scrittore-
per mino maccari “se ami gli alberi non sarai mai sindaco di roma”. aveva ragione:la moria d`alberi corrisponde all`ansimare di una città straordinaria nonostante quello che fanno e non fanno i suoi amministratori. per i servizi è necessaria una gigantesca opera di riorganizzazione, ma in alcuni casi non sarebbe così complicato uscirne. le piazze di periferia (comprese le zone dell `eur, ad esempio) , le piccole aree già costruite con suggestive intenzioni(vedi il piccolo anfiteatro di via dell`antartico) invece che negletti ricettacoli di sporcizia, con pochi ritocchi e una ordinaria manutenzione possono diventare pezzi riconoscibili di roma .con il materiale dei sotterranei capitolini abbiamo creato il magnifico museo montemartini, non possiamo sistemarne altri ad ornare le tristissime rotatorie maltenute? magari basterebbero le bandiere della città, o riproduzioni della lupa(mario dell`arco la immaginava in sciopero, stufa del degrado) di giovani artisti a far pensar che roma è dovunque roma.e che ne sarà dell`ex velodromo? un centro sportivo,una multisala? e un quasi-bis dell`auditorium, con sale per esibizioni di artisti romani e non, spazi dedicati a roma antica e moderna? pensare in grande? no, pensare per roma. grande è lei.
paolo botti–dirigente e animatore culturale-
emanuela capozzi–scrittrice per ragazzi il bilico tra moderno e classico
cara, cara roma a te regalo i miei pensieri, il mio desiderio di viverti tra i vicoli di trastevere ed eatitaly. in bilico sempre tra passato e futuro che mette insieme l’anfiteatro flavio e la nuvola di fuksas; come non dare ragione a ennio flaviano quando scrisse: “ roma ha questo di buono, che non giudica, assolve”? roma mia, ti guardo, e penso al naturale evolversi della modernità che dipinge di nuovi colori e forme la tua indiscussa bellezza, ma il tuo esprit, no, quello no, vacilla ma non cede ed è proprio questa tua essenza che viene tanto amata quanto giudicata da chi non ti guarda più con gli occhi di uno stendhal o di un goethe, a farti unica. allora penso che roma semplicemente accoglie, senza chiedere il passaporto ed è questa la sua forza ma raramente viene capita senza essere giudicata; penso al mio sogno per te roma mia, sogno che nelle scuole si parli di te, del tuo essere con il quale crescere ed identificarsi al di la di qualsiasi provenienza. forse è questa la vera modernità.quando si considera un’esistenza come quella di roma, vecchia di oltre duemila anni e più, e si pensa che è pur sempre lo stesso suolo, lo stesso colle, sovente perfino le stesse colonne e mura, e si scorgono nel popolo tracce dell’antico carattere, ci si sente compenetrati dei grandi decreti del destino). non lo dico io ma goethe.