enrico bravo, scultore ceramista e pittore.
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pagine: il crocifisso – cercate il suo volto – la donna di smalto
argilla, la materia semplice, primordiale, quella con cui fu impastato adamo, secondo il racconto biblico e che ha sempre costituito gli oggetti per vivere, per abitare. enrico bravo l’ha conosciuta e amata da bambino, per i primi giochi e per i primi aiuti agli adulti.
nato nel 1935 nella terra della ceramica, a cartigliano sul fiume brenta, a un passo da bassano, apprende le regole del manufatto artistico nella scuola d’arte di nove, sotto la guida severa del maestro andrea parini. impara a copiare alla perfezione i modelli classici e i capolavori, come si usava nelle botteghe e come hanno fatto i massimi artisti della storia. s’impadronisce dei segreti e delle tecniche ascoltando i vecchi.
non gli basta essere un ottimo artigiano e cerca subito nuove forme espressive, interpretando gli stili tradizionali. a diciotto anni, nel 1953, espone alla biennale internazionale di venezia. nel 1954 vince il premio del comune di nove e nel 1955 il premio del comune di bassano. nei rispettivi musei sono conservate alcune sue opere. nel 1960 è invitato all‘angelicum di milano e alla bevilacqua la masa di venezia.
per tentare una strada personale, fonda un laboratorio di produzione con un’impronta di alto livello qualitativo. mantiene sempre un binario distintivo tra la produzione commerciale e la sperimentazione artistica che resta riservata, isolata dal mercato dell’arte. libero dai condizionamenti dei galleristi, produce sculture uniche per valori espressivi e notevoli per la sua abilità a modellare in grandi dimensioni, cosa difficile data la fragilità della materia. compone pitture a olio e acquerello, disegni e incisioni. tra il 1967 e il 1974 è ripetutamente premiato all’italy export del salone internazionale della fiera di vicenza per la sua originale rielaborazione di forme e figurazioni della ceramica tradizionale veneta.
nel 2009 è invitato da katia brugnolo a presentare lavori d’impronta spirituale nella mostra cercate il suo volto a palazzo brusarosco, nell’ambito del v festival biblico di vicenza.
enrico bravo si è cimentato in diversi temi ma due sono i principali: la ricerca dell’archetipo femminile e l’inquietudine spirituale.
l’amore per gina, moglie e compagna di lavoro da quasi sessant’anni, madre dei suoi figli, donna di bellezza mediterranea e di grande forza vitale, si è espanso nella ricerca dei tratti fondamentali della femminilità, in una sua visione della sorgente della vita.
e’ degli anni 80 la serie delle conchiglie, volumi morbidi e volute intriganti, simbologia della fertilità. sono figure alate, volanti, sinuose, frastagliate, accoglienti. i colori hanno un sapore candido, dal bianco al grigio, al celeste con macchie di rosso. i merletti, esecuzione acrobatica con la terracotta, non sono quelli della biancheria intima, sono gli interrogativi, le incertezze, i chiaroscuri dell’interiorità muliebre. la curva del fianco è dominante anche nella pittura, con donne ubertose languidamente sdraiate in riposo o in attesa, in ginecei o in salotti esclusivi. i bianchi e i grigi dominano anche nelle tele ma in contrasto di sentimenti con i rossi e i rosa dalle ampie sfumature. il mondo è inconcepibile senza questa presenza dominante della donna, eros di moglie ed eros di madre.
la carnalità, elemento fondamentale della vita, non è in contrasto, anzi s‘integra pienamente con l’altro filone dell’artista: la spiritualità. bravo non si è dedicato all’arte sacra in senso tradizionale, alla raffigurazione di fatti e figure della rivelazione. la sua è una ricerca del mistero, di quanto non è illuminato dalla ragione ma che la sfida, la tenta. la modellazione è astratta ma dai significati evidenti. la presenza divina è uno squarcio, una ferita nella nostra presunzione e auto referenzialità. il costato lacerato, l’imperscrutabilità delle scritture, l’illuminazione nel buio, la risonanza inascoltata della parola sono soggetti delle sue piastre. la ceramica assume aspetti materiali multiformi; appare come bronzo, come tavola, come stoffa, come carne, come nuvola, come ricamo. la perizia tecnica è cardine della creatività. l’argilla, plasmata, diventa spirito. la ricerca, tracciata nei rilievi dello smalto, assume evidenza tattile; si può percorrerla con le dita, oltre che guardarla. a chi ha il privilegio di poter osservare a lungo le sue creazioni, si schiudono lentamente davanti agli occhi nuovi messaggi. ogni opera è un atto dello spirito che vive di vita autonoma, oltre le intenzioni dell’autore, e non ha bisogno di didascalie e di spiegazioni.
la spiritualità di bravo, dispiegata nelle sculture, presenta sofferenze e speranza, un itinerario che percorre dalla prima giovinezza.