dirigente e autore dello spettacolo tv nelle tre reti Rai dal 1960 fino al 1997, ha scoperto i principali presentatori, attori e cantanti. scarica il pdf

Nuova Armonia Rai Senior

Bruno Voglino, novanta anni con l’agilità fisica e mentale di un ragazzino sornione. Lo incontro da tempo al Mercato Trionfale di Roma, prima con Renata, poi solo.  Non seppi la notizia e non potei fargli le condoglianze. Ho realizzato dopo e mi è rimasto un cruccio. Mi piace apostrofarlo davanti al macellaio: “Lei mi faccia ridere! Sono anni che non fa più ridere nessuno!”  Voglino ha fatto divertire gli italiani con i suoi programmi di spettacolo televisivo e continua ancora indirettamente a farlo per bocca dei grandi personaggi che ha scoperto e lanciato: Carlo Verdone, Troisi e la Smorfia in Non Stop, Fabio Fazio in Quelli che il calcio, Piero Chiambretti in Complimenti per la trasmissione, Beppe Grillo con un improvviso con i giovani, e poi Maurizio Crozza, Ficarra e Picone ma l’elenco è più lungo. Le amicizie e i dialoghi con Marcello Marchesi, Bongiorno, Baudo, Arbore, Carrà, Minà, Gambarotta, Paternostro, Vittorio De Sica, Claudio Villa e Francesca Bertini. 

È stato un dirigente fondamentale dell’intrattenimento televisivo. Laureato in legge a Torino, entrò in Rai con il concorso programmisti nel 1960. Gavetta a Milano, negli anni Settanta passò a Roma nella Direzione Spettacolo con Angelo Romanò fino al 1975, poi RaiUno fino al 1987 quindi è esploso con la travolgente RaiTre di Guglielmi. Dal 2000 ha insegnato linguaggio radiotelevisivo all’Università di Padova.  
La sua vita di inventore di intrattenimento la racconta in un libro con paragrafi rapsodici, apparentemente disordinati e incompleti ma gustosi; è la tecnica della battuta del varietà trasferita sulla carta stampata: “L’esondante ben temperato “, Castelvecchi, Roma 2022, pag.93, euro 13,50.  È il terzo libro in pochi anni, di un uomo che non ha perso arguzia e ironia, dopo “Complimenti per la televisione” con Luigi Mastropaolo 2016 e “Paura non abbiamo, donne e televisione in Italia” 2019.  Il titolo alternativo poteva essere “Memorie di un mammo Rai” perché così era considerato dagli artisti che lui faceva esordire sul piccolo schermo. “Ho trascorso la vita tra personaggi esondanti per carattere e per dimensione professionale e mi sento anch’io un esondante ma solo di invenzioni; ben temperato perché l’esperienza è stata lunga e ho in cuore Bach”.  

Racconta del lungo viaggio negli ottanta in giro per tutta Italia alla scoperta di talenti con Guido Sacerdote (il grande autore della coppia Falqui-Sacerdote). Vennero anche a Venezia, dove dirigevo i programmi regionali, ma trovarono poco o nulla perché il Veneto allora era ricco di spettacolo classico (musica, teatro, arte) ma non di leggero. La pesca di quel viaggio fu abbondante, soprattutto in Liguria, in Lombardia e in Campania: Chiambretti, Fazio, Cecchi Paone, Corrado Tedeschi, Faletti e Iacchetti poi scippati dalla concorrenza.

Tra i lampi del racconto emergono episodi dell’infanzia piemontese, dell’incubo dei bombardamenti, dell’allegria studentesca, della figura della madre che sapeva inquadrare e valutare le persone (dote trasmessagli). Delicata e struggente è la storia d’amore con Renata Mezzera, sua moglie e collega. L’episodio più divertente è il matrimonio in Campidoglio con un ufficiale di stato civile in piena confusione. Gli elementi biografici sono mescolati ad aneddoti classici, in multi-versione, della storiografia Rai (Segovia definito “un vecchietto con la chitarra” dal portiere dello studio) ma mancano “Santità il bianco spara” e “Santità faccia finta di pregare”. Tenera e spassosa è la galleria degli “inventori”, personaggi che si presentavano nel suo ufficio proponendo cose strampalate: sogni con Totò, miniatura dell’ugola di Aureliano Pertile, le lumache da corsa…

 
Il cuore del libro è nelle considerazioni sull’aspetto fondamentale della sua professionalità: cercare e scoprire talenti nuovi e inventare programmi adatti a valorizzarli. È un intuito affinato dalla pratica. Bisogna capire se l’artista è in grado di dominare la scena e di trasformarla secondo un proprio indirizzo, senza farsi trascinare dalla consuetudine. Andava a vedere di persona nei teatrini, non si fidava di giudizi di intermediari. Un collaboratore gli riferì “Tre napoletani…la solita roba” a proposito della Smorfia (Arena, De Caro, Troisi). Bruno non ama i provini negli studi televisivi, freddi come sale operatorie e che di fatto inducono a fare il verso ai famosi.  Negli scantinati si vede chi ha talento e forza di emergere. Chi cerca strade diverse dalla televisione è poi in grado di padroneggiare questo mezzo. Bisogna guardare oltre le apparenze della persona. Stiano attenti i guardiani del perbenismo: tipi inappuntabili possono produrre cose sconvolgenti; è l’avvertenza di Voglino. Si pensi a Gloria De Antoni e Oreste De Fornari che, sottovoce, fecero esplodere due bombe come Daniele Luttazzi e Luciana Littizzetto in “Magazine 3” e “Letti gemelli”.

Voglino ha attraversato tutte le dimensioni dello spettacolo televisivo: dal quiz popolare di Bongiorno alla scena in abito di gala di Baudo, al salottino di casa sovraffollato di Arbore, per approdare alla sua televisione sperimentale, fuori dai canoni.” La televisione è il presente, ma a me piaceva farla al futuro”.  I programmi a cui mi sembra più legato sono “Non stop” (1987) per la prima volta un varietà senza manovratore, di cui rivendica orgogliosamente di essere il vero autore, dopo averne coltivato l’idea per anni (allora i dirigenti inventavano ma non firmavano) e “Quelli che il calcio” dove si parlava appassionatamente di partite senza mostrare nemmeno un’immagine del campo da gioco e “Complimenti per la trasmissione” autoironia di programmista.

Leggiamo il libro: complimenti per la pubblicazione!

Bruno Voglino, novanta anni con l’agilità fisica e mentale di un ragazzino sornione. Lo incontro da tempo al Mercato Trionfale di Roma, prima con Renata, poi solo.  Non seppi la notizia e non potei fargli le condoglianze. Ho realizzato dopo e mi è rimasto un cruccio. Mi piace apostrofarlo davanti al macellaio: “Lei mi faccia ridere! Sono anni che non fa più ridere nessuno!”  Voglino ha fatto divertire gli italiani con i suoi programmi di spettacolo televisivo e continua ancora indirettamente a farlo per bocca dei grandi personaggi che ha scoperto e lanciato: Carlo Verdone, Troisi e la Smorfia in Non Stop, Fabio Fazio in Quelli che il calcio, Piero Chiambretti in Complimenti per la trasmissione, Beppe Grillo con un improvviso con i giovani, e poi Maurizio Crozza, Ficarra e Picone ma l’elenco è più lungo. Le amicizie e i dialoghi con Marcello Marchesi, Bongiorno, Baudo, Arbore, Carrà, Minà, Gambarotta, Paternostro, Vittorio De Sica, Claudio Villa e Francesca Bertini. 

È stato un dirigente fondamentale dell’intrattenimento televisivo. Laureato in legge a Torino, entrò in Rai con il concorso programmisti nel 1960. Gavetta a Milano, negli anni Settanta passò a Roma nella Direzione Spettacolo con Angelo Romanò fino al 1975, poi RaiUno fino al 1987 quindi è esploso con la travolgente RaiTre di Guglielmi. Dal 2000 ha insegnato linguaggio radiotelevisivo all’Università di Padova.  
La sua vita di inventore di intrattenimento la racconta in un libro con paragrafi rapsodici, apparentemente disordinati e incompleti ma gustosi; è la tecnica della battuta del varietà trasferita sulla carta stampata: “L’esondante ben temperato “, Castelvecchi, Roma 2022, pag.93, euro 13,50.  È il terzo libro in pochi anni, di un uomo che non ha perso arguzia e ironia, dopo “Complimenti per la televisione” con Luigi Mastropaolo 2016 e “Paura non abbiamo, donne e televisione in Italia” 2019.  Il titolo alternativo poteva essere “Memorie di un mammo Rai” perché così era considerato dagli artisti che lui faceva esordire sul piccolo schermo. “Ho trascorso la vita tra personaggi esondanti per carattere e per dimensione professionale e mi sento anch’io un esondante ma solo di invenzioni; ben temperato perché l’esperienza è stata lunga e ho in cuore Bach”.  

Racconta del lungo viaggio negli ottanta in giro per tutta Italia alla scoperta di talenti con Guido Sacerdote (il grande autore della coppia Falqui-Sacerdote). Vennero anche a Venezia, dove dirigevo i programmi regionali, ma trovarono poco o nulla perché il Veneto allora era ricco di spettacolo classico (musica, teatro, arte) ma non di leggero. La pesca di quel viaggio fu abbondante, soprattutto in Liguria, in Lombardia e in Campania: Chiambretti, Fazio, Cecchi Paone, Corrado Tedeschi, Faletti e Iacchetti poi scippati dalla concorrenza.

Tra i lampi del racconto emergono episodi dell’infanzia piemontese, dell’incubo dei bombardamenti, dell’allegria studentesca, della figura della madre che sapeva inquadrare e valutare le persone (dote trasmessagli). Delicata e struggente è la storia d’amore con Renata Mezzera, sua moglie e collega. L’episodio più divertente è il matrimonio in Campidoglio con un ufficiale di stato civile in piena confusione. Gli elementi biografici sono mescolati ad aneddoti classici, in multi-versione, della storiografia Rai (Segovia definito “un vecchietto con la chitarra” dal portiere dello studio) ma mancano “Santità il bianco spara” e “Santità faccia finta di pregare”. Tenera e spassosa è la galleria degli “inventori”, personaggi che si presentavano nel suo ufficio proponendo cose strampalate: sogni con Totò, miniatura dell’ugola di Aureliano Pertile, le lumache da corsa…

 
Il cuore del libro è nelle considerazioni sull’aspetto fondamentale della sua professionalità: cercare e scoprire talenti nuovi e inventare programmi adatti a valorizzarli. È un intuito affinato dalla pratica. Bisogna capire se l’artista è in grado di dominare la scena e di trasformarla secondo un proprio indirizzo, senza farsi trascinare dalla consuetudine. Andava a vedere di persona nei teatrini, non si fidava di giudizi di intermediari. Un collaboratore gli riferì “Tre napoletani…la solita roba” a proposito della Smorfia (Arena, De Caro, Troisi). Bruno non ama i provini negli studi televisivi, freddi come sale operatorie e che di fatto inducono a fare il verso ai famosi.  Negli scantinati si vede chi ha talento e forza di emergere. Chi cerca strade diverse dalla televisione è poi in grado di padroneggiare questo mezzo. Bisogna guardare oltre le apparenze della persona. Stiano attenti i guardiani del perbenismo: tipi inappuntabili possono produrre cose sconvolgenti; è l’avvertenza di Voglino. Si pensi a Gloria De Antoni e Oreste De Fornari che, sottovoce, fecero esplodere due bombe come Daniele Luttazzi e Luciana Littizzetto in “Magazine 3” e “Letti gemelli”.

Voglino ha attraversato tutte le dimensioni dello spettacolo televisivo: dal quiz popolare di Bongiorno alla scena in abito di gala di Baudo, al salottino di casa sovraffollato di Arbore, per approdare alla sua televisione sperimentale, fuori dai canoni.” La televisione è il presente, ma a me piaceva farla al futuro”.  I programmi a cui mi sembra più legato sono “Non stop” (1987) per la prima volta un varietà senza manovratore, di cui rivendica orgogliosamente di essere il vero autore, dopo averne coltivato l’idea per anni (allora i dirigenti inventavano ma non firmavano) e “Quelli che il calcio” dove si parlava appassionatamente di partite senza mostrare nemmeno un’immagine del campo da gioco e “Complimenti per la trasmissione” autoironia di programmista.

Leggiamo il libro: complimenti per la pubblicazione!

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