Posts by Daniele

tv: il mondo vero che non c`è più

 

“la televisione ti porta il mondo in casa” si diceva negli anni 60. mi ricordo che nella mia infanzia ero affamato di immagini: andavo di sera in un bar  affollato  per guardare il piccolo schermo,  ritagliavo foto a colori dai rotocalchi, al cinema cercavo di restare in sala per vedere due volte lo stesso film e il notiziario incom.  notizie visive dal mondo cominciavano ad arrivare a poco a poco, piccole come noccioline: gli incontri dei potenti, il volto di nilla pizzi (era solo una voce radiofonica), facce di  popoli diversi dal nostro, grattacieli, spettacoli e ricchezze lontani. facevo i confronti con la nostra semplicità degli anni 50 e 60 e cresceva la voglia di conoscere il mondo, di ingoiarlo attraverso quello schermino in bianco e nero, spesso sfuocato. e la televisione mi ha dato il mondo, me lo ha fatto conoscere,  come telespettatore e poi come professionista della stessa.

“la televisione ha invaso il mondo”  è  la situazione  di oggi, il contrario delle aspettative della mia infanzia.  quando viaggio in europa, in america, in asia e accendo un televisore, le immagini sono sempre le stesse, dappertutto uguali: gente plastificata in poltrona con contorno di pubblico plaudente, giochi a premi senza abilità, novelle sdolcinate e strappalacrime, telegiornali dove la notizia principale è il volto del giornalista, servizi brevi ma inzuppati di bombe, sangue e cadaveri, film dalla catene di montaggio di hollywood o bollywood.

il mondo, quello vero, in televisione  non si vede. le immagini della vita reale bisogna andare a cercarle in circuiti riservati, nei festival e rassegne di qualità, in qualche canale satellite di nicchia, ma esistono, vengono realizzate in tutte le lingue e i generi ( sceneggiati, inchieste, arti della scena)  e mostrano problemi, tragedie  ma anche iniziative e proposte della gente, modi di vivere, espressioni della cultura, angoli inusuali di città  e campagne,  bellezza e degrado della natura.

così è all’estero, così è da noi: la televisione  più che un mezzo è un’industria che occupa, omologa, nasconde, monopolizza.  un mondo virtuale che ammanta quello vero, con una sinergia di generi (dall’informazione allo spettacolo,  alla cultura) che, invece di differenziarsi e di svilupparsi,  si contaminano, si copiano, si sovrappongono, si stringono in una ragnatela omogenea per espellere, in nome di un pubblico asseverato, immagini, persone e espressioni non comode e non funzionali a questo circo di nomi  “firmati”.

 qual è la conseguenza di questa occupazione della tivù?  la più evidente è l’influenza politica, insieme a quella economica e pubblicitaria, ma è superfluo soffermarsi su questo aspetto.  vorrei evidenziarne  altre che sembrano marginali ma non lo sono.

  la marginalizzazione della vita reale. nei telegiornali  appaiono spezzoni di guerre (alcune non tutte), baruffe politiche, delitti e disastri, bel mondo patinato. sembra che non ci siano altre notizie.  i programmi sono rinchiusi in studio con volti noti, cuochi e sarti,  storie finte.   non si entra più in una fabbrica, in una scuola, in una parrocchia, in una strada di città o di paese,  in un’abitazione se non in occasione di eventi tragici  o di spettacoli in cui tutto viene ben lustrato dagli scenografi. la normalità con i problemi, i grigiori, le  pesantezze, ma anche con la vitalità,  la gioia  e le aspirazioni della gente sono esclusi.

  non vediamo l’italia di oggi, ma non sarà più possibile vederla in futuro. dove sono le immagini che la documentano?  quelle dagli anni novanta in poi vanno via via scomparendo  nelle nostre teche. che cosa resterà

  i programmi più felici della televisione di oggi sono quelli in cui si rivisita gli anni del dopoguerra, fino agli anni 80. il grande merito di aver dato il via al genere della rivisitazione è stato di carlo fuscagni e paolo frajese, con “trent’anni della nostra storia” 1984,  ripreso poi da molti altri programmi.

quando si vedono in bianco nero (la pellicola che non ha tradito)  scene di città e di famiglie dal neorealismo, canzoni poetiche e cantabili,  eventi e personaggi  esposti con la sinteticità  di fotogrammi preziosi,  tumulti e drammi “girati” con rispetto delle vittime, difficoltà e speranze testimoniate da persone comuni, allora si  comprende quale sia stato il ruolo fondamentale del servizio pubblico (la rai, l’istituto luce, cinecittà) nel servire  gli spettatori, gli italiani, l’italia e la storia.          

  un ruolo che negli ultimi anni è stato offuscato e confuso  da una competitività interpretata (male) al ribasso dell’offerta.  perché? il personale, la politica, la  pubblicità.

  filiberto guala e ettore bernabei  avevano convogliato in rai le forze migliori della cultura, del cinema, del giornalismo, dello spettacolo, della scienza, della religione. non c’è nome significativo, dagli anni  cinquanta agli ottanta, che non sia stato coinvolto, senza discriminazioni. e’ vero che c’era anche censura di costume e politica ma è anche vero  che tutti gli uomini dell’opposizione, di sinistra e di destra, hanno avuto opportunità di presenza e di espressione. l’unica esclusione traumatica, ma non assoluta, fu quella di dario fo.  

il personale (dai tecnici ai dirigenti)  veniva selezionato per concorso, per chiamata diretta o sul campo, ma comunque ne venivano verificate le attitudini e i programmi venivano ideati all’interno della struttura, partendo dai contenuti. c’erano troppi dipendenti e collaboratori? e’ vero, il numero era cospicuo,  ma questa è stata la grande ricchezza dell’azienda, ovvero la possibilità di poter rincalzare, sostituire ma con una continuità di esperienze, di modalità produttive, di garanzie professionali.  in una fabbrica di idee la risorsa principali sono le persone, non le macchine o i finanziamenti. grazie a quell’ossatura  la rai è sopravvissuta  ed ha mantenuto il suo ruolo. negli ultimi dieci anni i governi aziendali, tranne poche pause, hanno perseguito forsennatamente il capitale umano della rai, umiliandolo, perseguitandolo, eliminandolo.  un tentativo tutto politico, da entrambe le parti, di asservimento totale e di favoreggiamento di realtà esterne, esistenti o ipotizzabili.

lo svuotamento dei quadri rai e il trasferimento all’esterno delle capacità  produttive hanno determinato anche la carenza di idee e il degrado della qualità. non è vero che la concorrenza si batte solo con l’abbassamento dei livelli. questo concetto è comodo solo alla pigrizia mentale. in assenza di capacità creativa ci si rivolge alle agenzie internazionali che propongono di copiare “formati”  sperimentati in altri paese, e che creano, con tecniche pubblicitarie,  “divi” che acquistano notorietà  solo grazie alla  continuità  della presenza imposta in video e non in base a numeri professionali.  film, telefilm e programmi vengono comprati all’estero in pacchetti, spesso a scatola chiusa, imposti dalle maggiori distribuzioni. chi  compila gli schemi di programmazione cerca di andare a colpo sicuro con prodotti di facile commerciabilità o protetti.  i programmi contenitori che allargano sempre di più la fascia oraria non vengono pensato in base ai contenuti, ma in base ai  “volti”, decisi dall’alto, che dovranno occuparli  e gestirli.       

    la presenza mediatica ha tale forza persuasiva da abbagliare anche chi, dotato di strumenti  culturali, dovrebbe distinguere e cercare alternative. si da credito a chi appare; il “famoso”  viene ascoltato, coinvolto, incaricato anche in ruoli, materie, funzioni che non gli competono affatto e in cui non può dare nulla di significativo.

si blocca pertanto la crescita degli altri, dei competenti ma oscuri, negando loro opportunità di espressione. non c’è ricambio, alternativa, rotazione, sperimentazione.  il risultato è desolante per il pubblico, anche se trionfalistico per numeri  presunti di ascolti (è  scientificamente provato l’auditel?)  ma soprattutto è  deleterio per la crescita civile, culturale ed economica del nostro paese. 

con “lascia o raddoppia?” si premiava chi  sapeva rispondere a domande su una materia qualsiasi, presupponendo quindi un minimo di studio, con il “grande fratello” si premia chi è più sfacciato al cesso.

l’alternativa non è costruire una “tetra rete” di servizio pubblico, lasciando tutto il resto al dominio della pubblicità. bisogna ridare forza al servizio pubblico. sono sconcertato rispetto all’ipotesi, rilanciata anche in ambienti del centro sinistra di uno smantellamento della  rai, vendendo una o due reti o privatizzando il capitale sociale.  ho sentito molti discorsi teorici, progetti elaborati a tavolino, richiami a leggi  e sentenze costituzionali che comunque sono state disattese e ignorate per venticinque anni  in favore dell’emittenza privata. ed ora ci si appella al rigore della legge per demolire decisamente la rai?  ci si illude che l’alternativa e il terzo e quarto polo e il pluralismo possano nascere dalle ceneri dell’azienda di servizio pubblico? l’impressione è che si parli molto di massimi sistemi e di scenari futuri, ma che non si sia in grado di affrontare le difficoltà del momento. 

la  rai è sopravvissuta finora proprio perché è una grande casa antica, con tante stanze; si tiene in piedi perché una parete sostiene l’altra  ed ha fondamenta profonde.  se si comincia ad abbattere qualche ala, il palazzo è destinato a crollare. nessuno riuscirebbe a ricostruirlo. si pensi all’esperienza francese: disciolto l’ortf  le reti del servizio pubblico hanno stentato a rinascere e sono rimaste decisamente  minoritarie e marginali.

quali garanzie di legge?  personalmente credo poco all’efficacia di norme in un settore la cui gestione si basa sull’opinabile. la libertà di pensiero, di espressione, di pluralismo, di pari opportunità  sono garantite in un paese civile sopra tutto dal costume e dal rispetto dei codici morali e delle leggi  materiali della convivenza civile.

la prima repubblica aveva la caratteristica  del rispetto delle regole di confronto, pur nell’asprezza del contrasto politico. la seconda repubblica ha la caratteristica di eludere le regole o di modificarle con prepotenza a proprio vantaggio. se non si ristabilisce un clima di lealtà di gioco, si possono introdurre solo lacci  legislativi interpretabili a piacimento da chi dispone della maggioranza.                           

le regole devono essere poche ma chiare;   il loro rispetto deve essere garantito  da controllori autonomi che abbiano possibilità concreta di intervento; il governo aziendale deve essere pluralistico per garantire il pluralismo    

 

 

dalila – dal ciclo da eva_a_maria le donne della bibbia

dalila

 

al tocco è velluto

la mano che spezza

la schiena nemica

sento bambino

l’uomo disteso

sbordante il cuscino

che lieta ti offro

nel grembo rifugio

al vigile sonno.

dov’è il nervo

d’acciaio il fiato

rombante in tempesta

nascosto nei solchi del petto

dimmi il segreto

che urla paura

saprò dondolarti nel cuore.

 

dalila – dal ciclo  da eva_a_maria le donne della bibbia

http://www.antoniobruni.it/view.aspx?id=219

scarica pdf a sx con testo biblico e commento di nonis

2019 il viadotto – the bridge

 

il viadotto – 2019 – the bridge

scarica il pdf  a sx con la poesia e l`acquerello di liuba novozhilova

interpretazione di antonio_marziantonio https://youtu.be/0kqpibs2gu8

scarica la collezione illustrata della  natività del 1991

 

 

il viadotto the bridge
silente volava l’arcangelo two soft wings
le ali in morbide ombre an archangel flew in silence
il mondo scrutava al tramonto perusing the sunset world
non era una limpida vista the sight was not clear
non nebbie né nuvole basse neither mist nor low clouds
tristezza in grigiore diffusa sadness dissolving into gray
si alzava dal fango e dai crolli soared out of mud and debris
macerie dov’erano gli orti ruins where gardens had been
e rapida venne la notte it soon was nightfall
il soffio di piume scendeva feathers breathed down
un alito caldo in conforto in warm comfort
ai pochi rimasti nel pianto to the tearful few
riparo cercava una coppia a couple searching for shelter
trovò un viadotto spezzato found a broken bridge
travaglio e apparve un vagito labour and then a whimper
dal grido profumo di vita from the cry a fragrance of life
mistero dell’uomo incarnato a mystery incarnate into man
bagliore tra ferri e cemento a ray among scraps and concrete
la voce si estese in cometa the rumours grew into a comet
l’arcangelo inviò una legione the archangel moved a legion
a dare l’annuncio ai dispersi: they gave the announcement
venite è nato un bambino! “come round, a baby has been born”
accorsero in tanti e fu gioia people ran in in great joy
brindarono in coppe di pioggia. and drank rain toasts.

                                                                     translation by rodolfo longo

il venditore di sogni

il venditore di sogni

 

non ornano casa

non scaldano terga

non perdono peli

ma larghi colori


in voli d’incenso
offrono al sonno
i miei tappeti
più di uno per notte
li comprano tutti
nervosi e tranquilli
amanti e nemici
artisti e ignoranti
li pagano in fiati
li godono e soffrono
li perdono in mente

il colore dei silenzi – silence and colours

il colore dei silenzi – silence and colours

giuseppe panico interpreta il colore dei silenzi

https://youtu.be/mjkzoqcm1z0

 

il colore dei silenzi silence and colours
il freddo assume colori the cold puts on colour
delinea e sfuma contorni sketches shades off outlines
disteso in umani silenzi lays on many a human silence
accoglie le timide luci lets in shy lights
nel buio che domina il giorno in a darkness that dominates the day
e cela i sentieri di vita and hides the paths of life
translation by rodolfo longo

 

 

 

 

 

 

 

renato varese, maestro pittore di conegliano

renato varese, maestro pittore di conegliano

ha compiuto novantaquattro anni, l`otto maggio duemila venti, il maestro renato varese, fecondo in arte come la sua terra, conegliano, perla della marca trevigiana, di cui è esponente culturale. pittore, grafico, incisore, ceramista e scultore, continua a realizzare centinaia di opere, diffuse nel mondo.

ammiro la nitidezza del segno, la capacità di inquadrare e armonizzare gli spazi, i suoi grigi, profondi e intensi, accostati, non in contrasto ma in complemento, alle scale dei rossi.

amo le sue case veneziane, isolate nella laguna, nello splendore dell’oro e dei toni sontuosi, nel silenzio della latenza umana. sono affascinato dall`immobilità  delle acque morte, che specchiano rustici fabbricati in orizzonti nebbiosi.

le figure sono ieratiche, drammatiche, inquiete. vescovi, guerrieri medievali, contadini, donne senza trucco, maghi e arlecchini, insieme ad animali scarnificati, vessilli laceri, rami recisi, frutti penduli, formano processioni che gridano una condizione di malessere interiore.

le immagini reclamano domande esistenziali, interrogano il mondo e il soprannaturale.   l’arte non consola ma provoca il pensiero.

fb renato varese – http://www.renatovarese.it

 

 

renato novanta

 

traboccano al sole osterie

insegne ammiccanti al prosecco

tra miti colline di maggio

festeggiano in coro il pittore

che ha reso al moderno l’antico

ha espresso il suo mondo dei sogni
figure con poveri panni

domande profonde e argute

interni sanguigni di bestie

angurie civette e ombrelli

prelati saccenti di mitrie

si adunano questi elementi

discutono arditi il mistero

da lungo inseguito e tentato

la mano compone la scena

maestra inquadra gli spazi

la mente non smette ricerca

disegna e indaga il suo io.

 

otto maggio duemila sedici

 

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festa per gli ottanta di renato

 

accorrono in mostra i tuoi sogni

enigmi fantasmi illusioni

figure scandite in umori

domande in carne inquietanti

pensieri riflessi nell’io

scenario che eseguono in coro

 si intona nel bianco di spazi

esulta nell’oro di sfondi

festeggia la vetta di artista.

 

otto maggio duemila sei

 

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altre poesie ispirate e dedicate alle opere di renato varese:

acqua morta 2016

i grigi di renato 2004

un’insegna in autunno 1996

l’usignolo non canta più 1989

il mio novembre 1987

laguna 1986

 

via crucis – the cross

        via crucis – the cross  con le formelle di  luigi rincicotti  translation by rodolfo longo

 testo, immagini e traduzione, scarica il pdf a sx

La cupola e la tenda -a dome a tent

Storie della Natività XXIV Natale 2014

Liuba Novozhilova I magi
Liuba Novozhilova I re magi

La cupola e la tenda

sfarzosa abbagliante grandiosa
si erge città di palazzi
protervi complessi intriganti
3
giardini adornano gli attici
insegne e araldici stemmi
per ogni facciata un racconto
6
dai piani più alti si scruta
il medio centrale di uffici
distanti quartieri più spogli
9
è come se fosse protetta
da cupola in gas impalpabile
calotta di nitido vetro
12
cartello silente la domina
figuri diversi invischiati
cravatte canotte sottane
15
con tonache caschi e alamari
profumi belletti sudori
di sordidi luoghi di svago
18
li unisce in congrega segreta
tangente denaro liquame
non puzza si accumula in pozzi
21
corrotto corrompe e dilaga
affari immediati su urgenze
cantieri avviati e sospesi
24
arriva una misera coppia
ha appena eluso il confine
passando in spinoso sentiero
27
un asino e un ventre rigonfio
il trio è lacero e goffo
in cerca di un letto e accoglienza
30
lontano e ignoto ospedale
c`è un campo di profughi aperto
lo stato annuncia assistenza
33
ma dentro infernale abbandono
baracche trafango e rifiuti
è libera solo una tenda
36
è morto il vecchio occupante
li accoglie il suo cane in attesa
giaciglio e la donna si stende
39
è notte lei già trascolora
la illumina fissa una stella
il bimbo che è natorisplende
42
accorrono i miseri intorno
intonano in lingue mischiate
speriamo in colui che è incarnato!
45
e l`urbe affannata sonnecchia
la fogna dei soldi la ubriaca
ignora l`evento che è storia.
48

 

A dome a tent

sumptuous dazzling grand
does the city of palaces hover
baffling intriguing villainous
3
gardens adorning attics
signs and coats-of-arms
one façade one deal
6
tall storeys command
the offices down under
the bare distant districts
9
a city seemingly protected
by an impalpable gas dome
a neat glass bowl
12
a tacit consent rules
intermixed different cads
neck-ties vests and petticoats
15
frocks helmetsand frogs
perfumes makeupand sweat
in dirty leisure places
18
enticed into a secret gang
by bribing money and sewer
heaped up in corruptedwells
21
odourless overflow corrupting
business urges and presses
yards with no work in progress
24
a poor couple shows up
down a thorny path
has just cheated the border
27
a donkey and a swollen womb
the three ragged and clumsy
looking for accommodation
30
a far-off unknown hospital
a refugee camp is open
the state promises help
33
a place abandoned and hellish
just muddy huts and rubbish
one tent is available
36
the old occupant is dead
his dog attending welcomes them
a straw bed the woman lies down
39
it is night-time she grows pale
a star lights up her face
the new-born baby is shining
42
miserable people draw round
foreign languagessing in hope
” he who became incarnated!”
45
intoxicated by rotten money
the city fidgets and dozes
ignores such historical event.
48
translation by rodolfo_longo

sampietrini commenti

commenti dei lettori

sampietrini

risuonano musica antica

carezza di ruote rimbalza

su rude mosaico di pietre

che dona alle piazze il colore

di vita romana e mondiale

resistono i cubi di roccia

a danni di pioggia e di buche

assorbono polvere e insulti

difendono scorci di storia

primo gennaio duemilaquindici

 

commenti dei lettori

 

grazie,hai fatto un regalo a roma e tutti coloro che la amano.
carla barozzi

 

sui sampietrini chi viaggia in motorino come me ha ovviamente molto da ridire, ma forse hai ragione tu…).  luigi marinelli

 

sui sampietrini sono dell`opinione che in linea di massima è più che giusto “conservare”, tuttavia ci possono essere dei punti particolari (limitati al massimo) nei quali le “attuali” esigenze di insonorizzazione e/o sicurezza del traffico, non è così scandaloso prendere in considerazione una sostituzione adeguata dei sampietri.le scuole di pensiero è bene siano diverse e poi si prenda democraticamente in considerazione la più condivisa, senza idee preconcette ma senza “modernismi” ad oltranza nella fattispecie.gianni  fasani

la musica della tua poesia mi farà compagnia per tutto il giorno.sergio nicolai

 

la poesia sui sampietrini è molto carina e molto divertente. e` piaciuta anche alla mia amica daniela e ti facciamo i complimenti.grazie per le informazioni relative alle fantastiche idee partorite dai nostri assessorati comunali.miranda martino

 

io ho gridato costernata allo scandalo, i sanpietrini ( si può scrivere anche così, con la n)  sono il simbolo della città, e li vogliono sostituire con l`asfalto? mi viene da piangere! facciamo una petizione da sottoscrivere on line?
tullia ranieri

      

 
 
 
 
 un assessore capitolino intende vendere i sampietrini, che pavimentano le antiche piazze romane, e di sostituirli con fondi di asfalto, meno rumorosi ma indubbiamente più fragili e banali. le amministrazioni comunali romane sono state storicamente barbare, capaci di rovinare ciò che c’era di buono pur di produrre costosi, anche se inutili e ridicoli, lavori pubblici, come negli anni sessanta, quando furono aboliti tram e filobus e le loro corsie preferenziali per fare spazio all’invasione delle automobili.