l’affresco del tiepolo a palazzo labia
di olimpo soave illusione
di olimpo soave illusione
l‘invito a entrar nella casa
offerta esclusiva agli eletti
dimora di grande famiglia
baciata da sorte mercante
che affina nei volti e nei cuori
la stirpe dell’abile industria
e gli uomini arditi solleva
da tutte le cure operaie
rendendoli simili a dei
esenti dal fango di strada
con stemma innalzati in palazzo
che su cannaregio primeggia
in volta di grande canale
campane le uniche ombre
le labia di questa famiglia
pronunciano il suono che loda
l`altissimo in grazia di vita
di gesta non solo bancarie
ma intense di elette virtù
spiegate in salone alla storia
al primo respiro di scale
che provano all’ospite il fiato
palpebre ardisce ansimando
riceve bagliore di scene
di luci da cera riflesse
su elastico suolo di ballo
il piano nessuno calpesta
ma pare affollata la sala
ingresso di grande corteo
sfondate pareti in rilievi
lesene e colonne fiorite
balconi aggettanti sugli archi
un rostro di nave segnala
lo sbarco in potente città
accolta con sfarzo in costumi
l’eroe riceve regina
antonio con l`elmo in vittoria
scarlatto di sguardo e mantello
con trombe e alabarde un clamore
sovrasta il brusio della folla
intorno i moretti serventi
levrieri e cavalli in gualdrappe
con occhi di cabala i maghi
i paggi rigonfi di sete
il porto più ricco del mare
dispiega ed ostenta opulenza
conquiste in mercati e bellezza
padrone è il guerriero romano
che tenta addolcirsi in corazza
lo sguardo da fiero e sorpreso
si muta in un tacito assenso
a incrocio di mano regale
distesa dall`ampio broccato
più bionda di sabbia del nilo
il seno svelato e proteso
gareggia col giro di perle
natura superba ed esente
dal tocco di ruvidi sguardi
il volto solleva agli astanti
ne è fiero il signor della casa
discosto contempla il trionfo
che evolve ricchezza in sublime
le dame in attesa malizia
rapiscono i fiati ai destrieri
armati con stemmi e vessilli
propizia il banchetto un` orchestra
trasforma oscuri spartiti
in suoni di argentea laguna
piramide a lungo sognata
emblema del mitico egitto
il volo ai rapaci concentra
minuscoli il buffo ed il cane
davanti alla tavola bianca
risplende la perla di sfida
gioiello dissolto in aceto
in schiaffo ai bottini di guerra
attoniti gli ospiti intorno
che terra è mai questa d`incanto
è vera o tracciata in pennello
volume quadrato od immenso?
chi visita sala è la scimmia
rincorsa dal nero in livrea
perché non disturbi i divini
che svettano in cielo soffitto
tra i miti i peccati i valori
e i venti che espandono gloria
virtù che sovrasta l`invidia
il genio su pegaso vola
il tempo rapisce bellezza .
dal catalogo della mostra “tiepolo e l’abito come metafora” 1996
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palazzo labia,
il gioiello veneziano della rai
domina maestoso la confluenza di cannaregio nel canal grande: è palazzo labia, una delle più sontuose dimore veneziane, sede regionale della rai per il veneto. i labia, facoltosi mercanti di origini catalane, nel momento di essere ammessi nella nobiltà della serenissima, vollero costruirsi una residenza adeguata alla loro condizione e affidarono il progetto e l’esecuzione all’architetto andrea cominelli che concluse il lavoro nel 1696, incidendo nel marmo il motto della casa: labia mea laudabunt te (domine).
nel 1734 fu ristrutturato l’interno per ricavarvi la sala da ballo, un cubo di dodici metri di spigolo, due piani di altezza. a decorarla fu chiamato il massimo artista del momento, giovambattista tiepolo, con il figlio giandomenico. la quadratura della sala con la scenografia prospettica fu affidata a gerolamo mengozzi colonna che realizzò il suo capolavoro: l’illusione architettonica è così curata da rendere difficile distinguere al primo sguardo i rilievi veri da quelli disegnati.
l’affresco (1746-47) narra lo sposalizio tra antonio e cleopatra. la regina ha il volto della signora labia (bionda, non mediterranea); il seno scoperto e l’abito appartengono alla moda di allora. nella scena di sinistra entrando, cleopatra scende dalla nave accolta da antonio in armatura. di fronte è raffigurato il banchetto: la regina scioglie nell’aceto la perla del suo orecchino a sfoggio di lusso. tutto l’ambiente è opulento: libagioni, abiti, servitù, orchestra, insegne. le figure rappresentano la grazia del settecento veneziano: colori tenui, particolari accurati, volti delicati.
il committente labia è ritratto di profilo e la famiglia è celebrata nell’apoteosi mitologica del soffitto: la gloria e l’eternità, il genio che vola su pegaso, la giustizia fa trionfare l’armonia. il dipinto è, per dimensioni e qualità, uno dei migliori dei tiepolo. l’esibizione di vanità e di ricchezza dei labia ci ha regalato un’opera d’arte. famoso è l’aneddoto secondo cui al termine di un banchetto il padrone di casa abbia gettato le suppellettili d’oro nel canale esclamando: le abia o non le abia, sarò sempre labia! le posate furono però ripescate grazie a reti tese in precedenza.
con la fine del successo famigliare, il palazzo fu abbandonato, depredato e mal utilizzato. dal 1885 divenne una fabbrica di seta, poi, nel 1940, un condominio di sfollati. nella sala da ballo si stendeva il bucato; un chiodo per il filo era affisso sul naso di cleopatra. il petroliere francese charles de beistegui, nei cinquanta, usò la casa a fini di relazioni pubbliche per i suoi commerci di arte. fece scalpore la festa da ballo che indisse il 3 settembre 1951 con aga khan, winston churchill, salvator dalì. la rai ha il merito di aver acquisito il palazzo nel 1964 e poi restaurato, salvandolo da un degrado irreparabile.
ho avuto il privilegio di lavorare in questo luogo meraviglioso, dal 1980 al 1987, quando ero direttore dei programmi. raitre era semi-regionale: trasmettevamo due mezz’ore settimanali televisive e avevamo uno spazio radiofonico quotidiano su radiodue, oltre a produrre alcuni speciali per le reti nazionali. famosi musicisti mondiali, da rostropovich a marilyn horn hanno eseguito, nel salone, concerti da camera per radiotre.
il mio ufficio al piano nobile, affianco al tiepolo, era arredato con cinque tele venete del seicento. convivendo quotidianamente con l’affresco, gli dedicai la poesia riportata in queste pagine.
palazzo labia, negli anni ottanta, fu una sede di rappresentanza di livello mondiale (ospitò capi di stato, riunioni e convegni come quello dell’ocse) e un centro da cui andavano in onda la cultura e l’arte del veneto. ai programmi regionali, in otto anni, parteciparono i migliori nomi della cultura veneta: giorgio saviane, uto ughi, andrea zanzotto, giuseppe mazzariol, armando rigobello, silvio ramat, emilio vedova, virgilio guidi, mario rigoni stern, ferdinando camon, giancarlo ligabue, toni benetton, mario brunello, bino rebellato, glauco tiozzo, ernani costantini, enrico bravo, renato varese e protagonisti della vita civile e imprenditori come gianfranco zoppas, teofilo sanson, gianfranco barizza, aronne miola, marino puggina. una galleria di ritratti televisivi di oltre ottanta personaggi, ormai storici, arricchisce la teca rai del veneto. una miope scelta aziendale decretò nel 1987 la fine dei programmi regionali di raitre. finì una stagione, unica, di servizio pubblico alle culture locali, con una storia visiva dei loro aspetti più rilevanti; la sinteticità dei telegiornali non consente di realizzare documenti consistenti. degli altri anni restano solo frammenti.
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